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Le origini:
I Paracadutisti Libici


Il Maresciallo dell'Aria Italo Balbo può essere considerato il vero precursore del paracadutismo militare italiano; fu merito infatti delle sue geniali intuizioni sull'utilizzo del paracadute a fini militari se si riuscì a dar vita, nel 1938, al primo reparto paracadutista delle Forze Armate italiane.
Balbo era da tempo convinto delle grandi possibilità operative dei paracadutisti, ma le sue idee non riuscivano a trovare pratica attuazione. N egli ambienti militari italiani si intrecciavano interminabili dispute sull'opportunità o meno di creare, sull'esempio di quanto avveniva all'estero, speciali reparti di fanteria aviolanciabile, e si discuteva inoltre su chi avrebbe dovuto occuparsene.
Mussolini propendeva per la Milizia, mentre Esercito e Aeronautica sostenevano ognuno i propri diritti; addirittura lo Stato Maggiore del Regio Esercito aveva deciso, nel giugno 1936, di dar vita al lO Reparto Paracadutisti, ma l'iniziativa, prematura, era fallita ancora prima di nascere.
Finalmente, il Regio Decreto Legge n. 220 del 22 febbraio 1937 veniva provvidenzialmente a mettere un po' di chiarezza nella questione, attribuendo alla Regia Aeronautica la responsabilità per le costituende Scuole di Paracadutismo.
Poiché però tutto si era limitato a questa enunciazione di principi, senza nessun pratico seguito, il Maresciallo Balbo pensò di rompere gli indugi e, facendo valere le sue prerogative di Governatore della Libia, promosse una audace e rischiosa iniziativa: la creazione di un reparto di paracadutisti volontari tratti dagli ascari libici inquadrati nei battaglioni coloniali.
Fu così istituito, era l'inizio del 1938, un Campo Scuola Paracadutisti della Libia presso l'aeroporto di Castel Benito, vicino a Tripoli, il cui comando fu affidato al Ten. Col. del Genio Goffredo Tonini, valoroso ufficiale con lunghi anni di esperienza di servizio coloniale.
La Scuola venne posta sotto la giurisdizione dell'Aeronautica della Libia, mentre i quadri, tutti volontari, erano composti da ufficiali e sottufficiali provenienti sia dall'Aeronautica che dall'Esercito.
Per primo ci si occupò delle strutture organizzative e dall'Italia arrivò un nucleo di volontari i quali, dopo un periodo di intensa preparazione, sarebbero diventati istruttori di paracadutismo. La responsabilità dell'addestramento lancistico venne affidata al Ten. Col.
pilota dell'Aeronautica Prospero Freri, il più grande esperto di paracadutismo su cui l'Italia poteva allora contare.
Si iniziarono quindi gli arruolamenti tra gli ascari libici, sempre sulla base del volontariato. I problemi da risolvere non erano certo pochi; oltre alle obiettive carenze tecniche, legate ad una fase ancora pionieristica del paracadutismo, vi erano notevoli timori sul negativo impatto psicologico che l'uso del mezzo aereo e il lancio nel vuoto avrebbero avuto sui libici i quali, musulmani osservanti, conservavano per questi aspetti della "civiltà" occidentale radicati pregiudizi e remore, considerandoli quasi alla stregua di manifestazioni diaboliche.
Invece, il grande ascendente che il Maresciallo Balbo aveva sulle sue truppe riuscì a far superare questi timori e gli arruolamenti si susseguirono in gran numero, al punto che si rese necessaria una preventiva selezione tra gli aspiranti paracadutisti.
Alla fine 300 militari erano pronti per iniziare l'addestramento e così il 22 marzo 1938 fu ufficialmente costituito il Battaglione Allievi Paracadutisti "Fanti dell'Aria", sempre al comando del Ten. Col. Tonini.
La Scuola risultò quindi articolata su:
- Comando Scuola Paracadutisti della Libia;
- Reparto Aereo di Addestramento;
- Battaglione Allievi Paracadutisti "Fanti dell'Aria".
L'intenso addestramento al quale furono sottoposti i libici, che ad esso si assoggettarono con grande disciplina e spirito di sacrificio, portò in breve a risultati molto soddisfacenti e già tre settimane dopo l'inizio dei corsi, l'intero reparto effettuava il primo lancio di massa sul campo di Castel Benito.
Fu quindi decisa la costituzione di un secondo battaglione di "Fanti dell'Aria" che, assieme al primo, andò a formare il lo Reggimento "Fanti dell'Aria", composto interamente da libici con una cinquantina di ufficiali e sottufficiali nazionali.
Mentre l'addestramento tattico dava eccellenti risultati, come dimostrato da alcune esercitazioni di aviolancio perfettamente portate a termine dall'intero reggimento sotto lo sguardo ammirato ed interessato di numerose missioni militari straniere, non altrettanto si poteva dire per i materiali di lancio.
I libici, infatti, avevano a disposizione i comuni paracadute di salvataggio in dotazione ai reparti di volo della Regia Aeronautica, dapprima il modello Salvator D.37 (dorsale con doppio sistema d'apertura) e successivamente il più progredito D.39. Si trattava di materiale indubbiamente valido per situazioni d'emergenza (era quanto di meglio aveva finora prodotto l'industria italiana), ma non adatto ad un utilizzo continuo e di massa come quello di reparti paracadutisti ed infatti fin dall'inizio si verificarono numerosi incidenti di lancio.
Si cercò di correre ai ripari studiando tutte le possibili modifiche ai paracadute, ma siccome nel frattempo la situazione non migliorava (vi era stato oltre un centinaio di incidenti, con più di 20 morti, nei primi due mesi di attività), le esercitazioni lancistiche vennero diradate mentre il reggimento, in seguito alle dolorose perdite subite, venne contratto a battaglione.
Nel 1940, con l'entrata in servizio del nuovo paracadute D.40, che risolveva parecchi precedenti problemi, fu finalmente possibile riprendere in pieno l'addestramento.
In questo clima di rinnovata fiducia ed entusiasmo il Comando Supremo Truppe della Libia decise la costituzione di un reparto paracadutisti composto esclusivamente da personale nazionale.
Si iniziò il reclutamento di volontari, provenienti da tutte le Armi e specialità del Regio Esercito e, in brevissimo tempo, fu possibile costituire, era la primavera del 1940, il lO Battaglione Nazionale Paracadutisti della Libia.
Il restante personale che in massa aveva risposto alla chiamata e che non aveva trovato posto negli organici, fu ugualmente brevettato, in previsione di un possibile impiego bellico che si riteneva imminente. La guerra infatti stava per scoppiare e presto i reparti paracadutisti, battaglione libico e battaglione nazionale, avrebbero avuto il battesimo del fuoco.
Per questo essi si erano preparati nel migliore dei modi; oltre alle tecniche proprie dell'aviolancio, i paracadutisti erano stati addestrati anche all'uso di tutti i tipi di arma da fuoco, comprese le artiglierie, alla condotta di automezzi, all'esecuzione di azioni di sabotaggio con impiego di esplosivi contro linee telegrafiche, elettriche, ferroviarie, aeroporti ed ogni altro obiettivo di interesse bellico.


 

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