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Le Regie Scuole Paracadutisti:
Tarquinia e Viterbo


La strada per la costituzione di reparti paracadutisti italiani era stata tracciata con l'esperienza libica; si trattava ora di proseguire nella impegnativa opera, resa ancora più difficile dal fatto che, al di là di generiche disposizioni di legge, nulla di concreto era stato stabilito e bisognava ancora una volta affidarsi all'entusiasmo ed allo spirito di iniziativa di pochi pionieri che credevano nelle applicazioni militari del paracadutismo.
Dopo la legge del 1937, che affidava all'Arma azzurra la responsabilità per la costituzione delle Scuole di paracadutismo, la prima ulteriore disposizione fu emanata con circolare del 28 agosto 1939; in essa veniva stabilita Tarquinia come sede della prima Scuola Nazionale di Paracadutismo.
Le motivazioni di tale scelta erano abbastanza vaghe;
sebbene posta in zona pianeggiante, vicina al mare e con una rete di comunicazioni stradali e ferroviarie adeguata, tutte caratteristiche ritenute importanti, Tarquinia non possedeva infrastrutture tecniche particolarmente adatte, e poteva contare soltanto su un piccolo aeroporto con una aviorimessa metallica ed una palazzina in muratura. È proprio il caso di dire, quindi, che la Scuola di paracadutismo nacque dal nulla.
Essa fu ufficialmente costituita il 15 ottobre 1939, con la denominazione di Regia Scuola Paracadutisti dell'Aeronautica, sotto il comando del Col. pilota ruolo naviganti dell'Aeronautica Giuseppe Baudoin, la persona giusta al posto giusto per le spiccate doti umane e professionali che lo avrebbero reso uno dei veri artefici del paracadutismo militare italiano.
La responsabilità tecnico-amministrativa ricadeva sulla Regia Aeronautica, mentre addestramento ed impiego ,tattico dipendevano dallo Stato Maggiore del Regio Esercito; la competenza disciplinare-amministrativa era invece del Comando della In Zona Aerea Territoriale.
La struttura della Scuola di Tarquinia prevedeva:
- Comando Scuola (comandante, un uff. superiore della Regia Aeronautica, vice comandante un uff.
superiore del Regio Esercito);
- Reparto di Volo;
- Battaglione d'Istruzione Allievi Paracadutisti;
- Reparto Servizi;
- Reparto Tecnico Manutenzione;
- Reparto Logistico-Amministrativo;
- Reparto Studi ed Esperienze;
- Servizio Sanitario.
I primi mesi furono dedicati all'allestimento delle infrastrutture della Scuola. Si provvide a sistemare campo e piste, a costruire alloggiamenti e servizi, a reperire materiale lancistico e attrezzature addestrative. Si fece ricorso anche a forniture d'emergenza: l'alta torre di lancio, una struttura metallica di 52 metri che sarebbe diventata un pò il simbolo della Scuola, venne ceduta dai Vigili del Fuoco del Genio Militare di Villa Glori, a Roma.
Contemporaneamente ci si preoccupava del personale;
la citata circolare dell'agosto 1939 aveva disposto il reclutamento di ufficiali inferiori in servizio permanente effettivo e sottufficiali ammessi alla carriera continuativa o alla prima o alla seconda rafferma, provenienti dalle Armi di Fanteria, Cavalleria, Artiglieria e Genio del Regio Esercito.
Essi, una volta brevettati con apposito corso, avrebbero costituito il primo nucleo di istruttori ai quali affidare l'addestramento dei futuri paracadutisti.
Il corso per istruttori iniziò il 28 marzo 1940. Esso comprendeva: addestramento fisico generale (salto in alto, dall'alto, in lungo, con l'asta, con capovolta, volteggi, arrampicata alle pertiche e alle funi, corsa) e addestramento fisico particolare (pugilato, lotta giapponese, scherma di pugnale, marcia, nuoto, voga, equitazione, motociclismo, salti e discese dalla torre); esercitazioni di tiro e con il lanciafiamme; orientamento, raccolta e trasmissione di notizie; telegrafia e intercettazione telegrafica; trasmissioni radio; difesa antigas;
pronto soccorso. A questo si aggiungeva il particolare addestramento paracadutistico: spiegamento e ripiegamento del paracadute, caricamento dei velivoli, aerorifornimento, voli di ambientamento, lanci individuali, collettivi e susseguenti manovre a fuoco, tecnica dell'occupazione di basi aeree nemiche.
Previsto inizialmente della durata di 8 mesi, il corso, in seguito al precipitare degli eventi che facevano ormai prevedere imminente un conflitto, venne ridotto a 3 mesi e, alla fine di giugno, 36 ufficiali e sottufficiali dei 57 allievi iniziali riuscirono a portare a termine la dura preparazione e furono brevettati istruttori di paracadutismo.
Il lO luglio 1940 iniziavano i primi corsi per le reclute.
I militari avevano risposto con entusiasmo alla chiamata e fu necessario provvedere a preventive selezioni perché solo chi possedeva le migliori doti fisiche e morali potesse accedere all'ambito corso.
Anche il programma degli allievi paracadutisti era molto impegnativo. L'addestramento era diviso in due fasi; la prima comprendeva una parte atletica (corse, salti, flessioni, sospensioni, percorsi con la bicicletta da bersagliere, ecc.) ed una lancistica (voli di ambientamento, discesa dalla torre con paracadute frenato e a caduta libera con funi frenanti, salti sul telone da altezze dai 5 ai 20 metri). Nella seconda fase vi erano esercitazioni di uscita da sagome di velivoli, di " presa di terra" con capovolta a comando, di indossamento, sganciamento e ripiegamento del paracadute, poi tre lanci dall'aereo, da 250, 200 e infine 150 metri di altezza.
Alla fine delle due fasi, della durata complessiva di 50 giorni, aveva inizio, sotto la guida degli ufficiali dei reparti, un periodo di addestramento tattico che si concludeva con altri tre lanci collettivi, seguiti da esercitazioni a fuoco.
Mentre l'addestramento entrava nel vivo, nell'arco di tre giorni, dal 25 al 27 luglio, si verificarono quattro tragici incidenti mortali per mancata apertura del paracadute. Si ripeteva ciò che era accaduto a Castel Benito; il paracadute in dotazione, il Salvator D.39, si rivelava ancora una volta non adatto all'uso cui era stato destinato.
In attesa che potesse essere introdotto un modello di paracadute più perfezionato, gli Alti Comandi imposero la sospensione dell'attività di lancio, con le inevitabili conseguenze negative sull'addestramento e sul morale del personale.
Fortunatamente il Reparto Studi ed Esperienze riuscì a realizzare a tempo di record un nuovo modello di paracadute, denominato IFA1I SP (Imbracatura di Fanteria modo 1941 - Scuola di Paracadutismo). Costituito da una imbracatura a due bretelle con cinturone e due cosciali, si apriva per gravità mediante fune di vincolo, aveva la calotta con una velatura di 56 mq. e consentiva una velocità discensionale di 5 metri al secondo.
Unico inconveniente era l'impossibilità di manovra durante la discesa, poiché il fascio funicolare dorsale era privo di bretelle. Ciò impose tra l'altro la modifica nella tecnica di lancio che divenne "ad angelo", con braccia e gambe aperte.
Il nuovo paracadute fu ripetutamente collaudato con risultati estremamente soddisfacenti; d'ora in poi gli incidenti mortali per mancata apertura del paracadute sarebbero stati praticamente nulli. Il veto del Ministero fu di conseguenza rimosso e dai primi di ottobre del 1940 l'attività addestrativa poteva riprendere in pieno, senza più interruzioni.
Gli anni 1941 e 1942 furono contrassegnati da un'attività frenetica, volta all'addestramento di sempre nuovo personale. Il Reparto Volo, nel quale si prodigavano i valenti specialisti dell'Aeronautica, piloti, motoristi e montatori, fu potenziato con l'utilizzo dei più capienti e veloci trimotori SIAI Marchetti SM 82. I ripiegatori, il cui lavoro, poco appariscente, è essenziale per l'attività dei paracadutisti, raggiunsero il centinaio di unità e si arrivò ad effettuare fino a 500 1600 lanci giornalieri.
Frattanto il Reparto Studi ed Esperienze progettava e realizzava nuovi equipaggiamenti ed attrezzature, per rispondere alle varie esigenze che via via si manifestavano nel corso dell'attività operativa. Oltre alle nuove uniformi per truppe paracadutiste, furono introdotti gli stivaletti da lancio, l'elmetto, la tuta mimetica, le buffetterie porta-caricatori, ecc., e poi contenitori per armi e rifornimenti e persino una piccola motocicletta aviolanciabile, denominata "Volugrafo".
I notevoli problemi logistici originati dal continuo massiccio afflusso di uomini da addestrare, poiché le esigenze belliche imponevano la costituzione di sempre nuovi reparti, indusse a trasferire gradualmente una parte delle attività a Viterbo, che disponeva di un ottimo aeroporto e di adeguate infrastrutture. Solo il 25 febbraio 1943, però, la Regia Scuola Paracadutisti di Viterbo venne ufficialmente costituita, e posta sotto il comando del Col. pilota dell'Aeronautica Renato di Jorio.
Frattanto le vicende della guerra precipitavano e, con il profilarsi della sconfitta, anche le Scuole di Paracadutismo si videro costrette ad interrompere la loro attività.
Tarquinia fu chiusa il lO luglio 1943 mentre Viterbo funzionò ancora per due mesi, fino all'armistizio dell'8 settembre.

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