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Ten. Col. di S.M. par.
BECHI LUSERNA ALBERTO
(alla memoria)
Capo di S.M. della Divisione "Nembo"
Ufficiale di elevate qualità morali ed intellettuali, più
volte decorato al valore, capo di S.M. di una divisione paracadutisti, all'atto
dell'armistizio, fedele al giuramento prestato ed animato solo da inestinguibile
fede e da completa dedizione alla Patria, assumeva, senza esitazione e contro le
insidie e le prepotenze tedesche, il nuovo posto di combattimento. Venuto a
conoscenza che uno dei reparti dipendenti sobillato da alcuni facinorosi, si era
affiancato ai tedeschi, si recava, con esigua scorta, e attraverso una zona
insidiata da mezzi blindati nemici, presso il reparto stesso per richiamarlo al
dovere. Affrontato con le armi in pugno dai più accesi istigatori del movimento
sedizioso non desisteva dal suo nobile intento, finché, colpito, cadeva in mezzo
a coloro che egli aveva tentato di ricondurre sulla via del dovere e dell'onore.
Coronava così, col cosciente sacrificio della vita, la propria esistenza di
valoroso soldato, continuatore di una gloriosa tradizione familiare di eroismo.
Sardegna, 10 settembre 1943
Proponiamo il seguente articolo tratto da "Tradizione
Militare" dell'8 ottobre 2002
4 TRADIZIONE MILITARE N. 8 -
Ottobre 2002
TRAGICO DESTINO
DI GUALTIERO ALBERGHINI
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Durante la prima guerra mondiale,
nel periodo 19 - 28 agosto 1917, ebbe luogo la 11a
battaglia dell'Isonzo. Le forze italiane riuscirono solo a penetrare
nell'Altopiano della Bainsizza ma non a cacciarne gli Austriaci. Questi
ultimi a causa del logoramento subito e non più in grado di affrontare
un'altra offensiva italiana, furono costretti a chiedere il concorso tedesco
sul fronte isontino. In quel lontano 28 agosto la Brigata di Fanteria "Porto
Maurizio" (253° e 254° reggimento) si lanciò per l'ultima volta all'assalto
delle ben difese posizioni nemiche ad est di Gorizia. L'azione si esaurì
contro il secondo ordine di reticolati con gravissime perdite. Cadde anche
il comandante del 254° Colonnello Giulio Bechi Luserna, decorato
successivamente con la Medaglia d'Oro al V.M. alla Memoria.
Poco più di 26 anni dopo, nel Settembre del 1943, si
ripeteva per la vedova lo straziante dolore del 1917 allorquando le venne
comunicata la morte dell'unico figlio Tenente Colonnello Alberto Bechi
Luserna Capo di Stato Maggiore della Divisione paracadutisti "Nembo",
anch'egli decorato "post mortem" della Medaglia d'Oro al V.M.
Era nato a Spoleto, aveva frequentato il Collegio
Militare di Napoli, l'Accademia Militare di Modena dalla quale era uscito
Ufficiale di Cavalleria, la Scuola di Guerra. Al comando di uno squadrone di
Savari si era guadagnato nel 1929 e nel 1930 due Medaglie di Bronzo in
Cirenaica ed una terza se l'era meritata nel 1935 in Africa Orientale alla
testa di una banda indigena a cavallo. Scoppiato il secondo conflitto
mondiale, dopo aver prestato servizio presso lo Stato Maggiore
dell'Esercito, aveva chiesto il passaggio alla neo - costituita specialità
dei paracadutisti.
Al comando del IV Battaglione raggiungeva l'Africa
Settentrionale e nell'ottobre del 1942, quale Comandante del 187° reggimento
paracadutisti "Folgore", partecipava alla battaglia di El Alamien ove veniva
decorato sul campo con una quarta Medaglia di Bronzo.
Ai primi di Novembre di quell'anno, ottemperando
malvolentieri ad un perentorio ordine dello Stato Maggiore dell'Esercito,
tornava in Italia per assumere la carica di Capo di Stato Maggiore della
Divisione di paracadutisti "Nembo" di nuova formazione. |
All'atto della proclamazione dell'armistizio questa
Grande Unità si trovava nella Sardegna centrale, quale massa di riserva
mobile a disposizione del Comando dell'isola. L'evento armistiziale, come
altrove, determinò sorpresa tra i reparti dell'Esercito con le più disparate
ripercussioni sul morale dei soldati e delle gerarchie di minor livello.
Narra in proposito la Relazione Ufficiale: "La notizia del concluso
armistizio con le direttive dell'atteggiamento da assumere (proclama
Badoglio) giunse inattesa la sera dell'8 (settembre). La sorpresa del
Comando della Sardegna fu completa, ove si consideri che nessun orientamento
in merito era pervenuto e che solo 24 ore prima lo Stato Maggiore
dell'Esercito aveva ordinato di opporsi a qualsiasi tentativo delle forze
alleate". Detto per inciso i rapporti in loco fra le truppe italiane e
quelle tedesche erano molto buoni ed improntati a piena collaborazione.
Della situazione di sconcerto, verificatasi in campo italiano,
approfittarono alcuni elementi della 90a Divisione
Panzergrenadiere per infiltrarsi nei ranghi della "Nembo" onde convincere i
paracadutisti italiani a seguirli in Corsica. Corre l'obbligo di precisare
che la Divisione "Nembo" era una Grande Unità d'elite, completamente
motorizzata, che in seguito all'armistizio avrebbe dovuto spostarsi a nord
verso lo Stretto di Bonifacio ove poter ostacolare i tedeschi. Purtroppo
l'opera sobillatrice fece presa su alcuni Reparti, complessivamente della
forza di circa un battaglione, che si incolonnarono con la 90a
per attraversare il citato stretto. Il mattino del 10 settembre 1943, nel
tentativo di far desistere i sediziosi dai loro propositi, accorsero nella
zona di Macomer il Comandante della "Nembo" Generale Ercole Ronco e del Capo
di Stato Maggiore Tenente colonnello Alberto Bechi Luserna. Il Primo venne
temporaneamente sequestrato ed il secondo aggredito ed ucciso.
Si trattò di un brutto episodio da inquadrare tuttavia
nel particolare clima di incertezza determinatosi in quel tragico settembre
1943 a causa di un armistizio mal concepito, ambiguamente gestito, senza che
- è doveroso sottolinearlo - nel periodo intercorso fra il 25 luglio (caduta
del fascimo) e l'8 settembre (annuncio dell'armistizio) le competenti
Autorità si fossero curate di preparare al riguardo l'animo dei quadri e dei
soldati. |
Si trattò di un episodio isolato nell'ambito della
Divisione "Nembo" che, inviata in un proseguo di tempo sul continente,
combatté valorosamente durante la Guerra di Liberazione secondo le migliori
tradizioni dei paracadutisti italiani.
Alberto Bechi Luserna era Soldato forgiato in purissimo
acciaio, come la lama della sua sciabola di Ufficiale proveniente dalla
Cavalleria. Affrontò una situazione terribilmente difficile con lo stesso
coraggio con cui aveva combattuto ad El Alamein prima alla testa di un
Battaglione e poi di un Reggimento di paracadutisti della "Folgore". Erano
quei soldati che i nemici chiamarono i "Leoni del deserto". Soldati che si
erano battuti al di là di ogni possibilità umana, con grande cuore.
Scrittore fecondo, Alberto Bechi Luserna era anche l'autore della famosa
epigrafe posta all'ingresso del vecchio cimitero della "Folgore" nel deserto
di El Alamein. Rileggerne il testo aiuta a comprendere questa splendida
figura di Soldato, travolto da un tragico destino e soprattutto a
comprendere chi erano i paracadutisti della "Folgore" sacrificatisi in una
dura battaglia, forse l'ultima nella storia dell'umanità in cui i
contendenti si erano scontrati con spirito cavalleresco del buon tempo
antico.
"Fra le sabbie non più deserte son qui di presidio per
l'eternità o ragazzi della Folgore fior fiore di un popolo e di un Esercito
in armi. Caduti per un'idea, senza rimpianto, onorati nel ricordo dello
stesso nemico, essi additano agli italiani, nella buona e nell'avversa
fortuna, il cammino dell'onore e della gloria. Viandante, arrestati e
riverisci. Dio degli eserciti, accogli gli spiriti di questi ragazzi in
quell'angolo di cielo che riserbi ai martiri ed agli Eroi".
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Il cimitero del 1943 ad El Alamein costruito da prigionieri italiani
Il cimitero denominato "Quota 33" così come è oggi
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