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I REPARTI DI PARACADUTISTI "PER L'ONORE D'ITALIA" "La Battaglia per Roma" Daniele Lembo (dal libro "I fantasmi di Nettunia") Il Battaglione autonomo paracadutisti "Nembo" Al momento di mettere piede a terra sul litorale laziale le truppe angloamericane vengono accolte da una scarsissima resistenza in quanto le Divisioni di riserva tedesche sono state spostate sul fronte di Cassino a supporto delle truppe che combattono sulla Gustav. Questo è potuto avvenire anche grazie ad un’inefficienza dell’apparato informativo germanico che "stranamente" non ha saputo dare notizie circa il concentramento di truppe, veicoli, carri armati, e di natanti da trasporto nel porto di Napoli. I tedeschi, dopo un primissimo momento di sbandamento, reagiscono con una prontezza e con la loro tipica capacità organizzativa che nel corso del conflitto gli ha dato già in precedenza la possibilità di affrontare e risolvere situazioni impossibili. Al fine di creare un velo di truppe che sia idoneo, bloccando strade e crocevia, ad inibire alle unità della testa di ponte ogni possibile movimento verso l’interno, il comando germanico mobilita come si suol dire "scritturali, cuochi e musicanti della banda", reperendo gli uomini ed i mezzi lì dove è possibile prenderli. Saranno così utilizzati anche alcuni reparti che si trovano nell’area a sud di Roma per effettuare, dopo un lungo periodo in prima linea, la necessaria riorganizzazione e godere del normale periodo di riposo. Il 9 febbraio viene costituito a Spoleto, sede di un Reparto di Istruzione per paracadutisti, un Battaglione italiano di formazione da destinarsi al Fronte di Anzio Nettuno e da inserire nel 4° Fallschirmjager. È formato da due compagnie tratte dal 12° Battaglione e da una compagnia ceduta dal 2° Battaglione, quest’ultima è costituita parte da veterani e parte da giovani volontari. Il Battaglione così formato, denominato Battaglione Autonomo Paracadutisti "Nembo", forte di circa 350 parà e al comando del Capitano Corradino Alvino, il 12 febbraio viene trasportato con una colonna di autocarri al fronte, verso Ardea, ove sarà utilizzato nell’ambito dei reggimenti 10° e 11° d’assalto della 4° Divisione Paracadutisti germanica che è composta da duri veterani con alle spalle le esperienze di Narvik, Creta e dell’Olanda. È questa la prima unità italiana ad arrivare in quello scacchiere terrestre di operazioni ove, a meno di 12 ore dall’arrivo, avrà nel caporale Giuseppe Bagnol, il suo primo caduto. Il Nembo, per l’impiego, viene articolato in un reparto servizi, sei plotoni d’assalto messi al comando di cinque ufficiali ed un maresciallo (Tenenti Angelici, Betti, Esposito, Fusar Poli e Stefani, maresciallo Canova), tre squadre per impieghi speciali, due nuclei esploratori. I nuovi arrivati italiani, appena giunti vengono forniti di armi tedesche e sottoposti ad un ciclo d’addestramento intensivo teso ad erudirli sull’utilizzo delle nuove armi e sui simboli tattici germanici. Per completezza di informazione è giusto riferire che alcuni parà italiani vengono assegnati, quali complementi, a reparti tedeschi, cosa che ai germanici non riuscirà di fare, come vedremo in seguito, con il reparto di fanteria di Marina che successivamente arriverà sul fronte. I primi caduti, ben 54 per la precisione, il Nembo li avrà, insieme a 97 feriti, nel corso dei quattro giorni dell’operazione di contrattacco tedesca denominata "Fischfang" che avrà inizio il 16 di febbraio e nel corso della quale 40.000 soldati tedeschi sostenuti da 75 carri armati del tipo Tigre, Pantera e 50 cacciacarri Stu.G.III attaccheranno 45.000 angloamericani sostenuti da 450 bocche da fuoco, 3670 carri armati e da 1200 apparecchi. I giovani parà italiani vengono impiegati, nel corso del contrattacco, lungo il fosso della Moletta, presso la località Casa Rossa, Casale Buon Riposo, quote 54, 74 e 75 e il quadrivio di Campo di Carne. Inizieranno l’attacco alle 6,30 del giorno 16, superando la Moletta utilizzando alcune passerelle di fortuna. L’utilizzo delle passerelle sarà reso necessario in quanto il torrente Moletta, largo dai 6 agli 8 metri, ha le proprie acque profonde normalmente poco più di un metro ma, al momento dell’attacco, queste si presentano notevolmente gonfie a causa della pioggia che copiosa è caduta da poco. Dopo aver sopravanzato la Strada Provinciale 82 e affrontando le unità britanniche della 1ª e 56ª Divisione di Fanteria i parà riusciranno ad arrivare fino alla Nettunense, cioè la Strada Provinciale 207, sbaragliando i britannici ed occupando la sede di un reggimento scozzese. In un primo tempo la fortuna sembra sorridere agli italo tedeschi, tanto che gli alleati, spaventati dalla forza di penetrazione dimostrata dai germanici, non riescono a fermare l’impeto degli attaccanti benché fossero a conoscenza dell’operazione tedesca prima che questa iniziasse, grazie al sistema di intercettazione Ultra e al decodificatore Enigma in loro possesso. Giungeranno persino ad approntare un ordine di reimbarco che ritireranno solo quando, grazie all’intervento dei grossi calibri delle corazzate, riusciranno a smorzare l’irruenza dell’attacco fermando i tedeschi nella zona che sta tra Campo di Carne, Torre Padiglione, Tre Cancelli e Le Ferriere, zona che sarà il punto di massima penetrazione della controffensiva tedesca. Dopo quattro giorni di combattimenti, il giorno 20, i paracadutisti italiani che avranno resistito sotto il fuoco dei cannoni e gli attacchi dei caccia bombardieri alleati, dovranno ritirarsi cedendo di nuovo quelle posizioni strappate agli inglesi pochi giorni prima. Tra i morti, sopra citati, conteranno anche il Sottotenente Stefani. L’importanza del Nembo, nell’economia generale dello scontro descritto, è di limitatissima portata, soprattutto se si considera che si tratta di circa 350 paracadutisti italiani utilizzati in un contesto numerico di 40.000 tedeschi che contrastano circa 45.000 angloamericani. Differente è invece il significato politico della partecipazione italiana, che vede un reparto organico, in armi e sotto bandiera nazionale, in quanto facente parte del neocostituito Esercito Repubblicano, tornare al fronte accanto all’alleato germanico. In questi primi combattimenti gli italiani, ritornati al fronte, faranno ben presto ricredere i camerati tedeschi che ben poca fiducia mostrano di avere nei riguardi di quel reparto formato da giovanissimi paracadutisti, molti dei quali evidentemente senza nessuna esperienza di guerra. Tra il 15 marzo e il 15 maggio il reparto sosterrà nuovi combattimenti a quota Cuore, Bosco dei Pini, quota 58, Bosco di Fossignano e Macchia S. Lucia. Le grosse perdite subite durante la controffensiva tedesca e nel periodo successivo che, come detto, solo nel corso dell’operazione "Fischfang", ammontando a 151 unità tra morti, feriti e dispersi costituiscono il 45-50% degli effettivi del battaglione, inducono il comando a riprendere fiato e a rimettere insieme i pezzi dell’unità. Quello che era il Battaglione "Nembo", rientra in linea a marzo riorganizzato e "contratto" su di una Compagnia che, denominata "Nettunia/Nembo", è messa al comando del Tenente Berardi. La nuova compagnia viene articolata su quattro reparti d’assalto che sostengono in quell'area altri tre mesi di duri combattimenti, subendo gravi perdite che vengono, man mano, rimpiazzate dai circa 550 complementi provenienti da Roma e da Spoleto. La Cp. Nettunia/Nembo si attesterà sulla posizione di partenza del Nembo all’arrivo, cioè sul fosso della Moletta, fra il Bosco di Pini, quota Cuore e la foce della Moletta stessa. Alla fine dell’attività operativa il reparto avrà perso 46 elementi in quanto presi prigionieri dagli alleati, mentre 89 saranno i caduti e i dispersi, e i feriti ammonteranno a 148. Il labaro del reparto verrà decorato con una Medaglia d’argento al valor militare, mentre altre 26 decorazioni simili saranno concesse agli effettivi dell’unità. Inoltre, saranno assegnate 26 Medaglie di bronzo al valor militare e 12 croci di guerra. I tedeschi, invece, conferiranno ai paracadutisti italiani ben 15 croci di ferro di 2ª classe. Ma il dato che forse maggiormente dà la misura del valore dimostrato dai fanti dell’aria italiani, ancora una volta ridotti a fare da ordinaria fanteria di linea, è il numero delle promozioni sul campo per meriti di guerra che ammonta a 19. Il Reggimento arditi paracadutisti "Folgore" Verso la fine di maggio 1944, per la precisione nella giornata del 27, il Reggimento Arditi Paracadutisti "Folgore" viene assegnato alla zona di operazioni ove si svolge quella che passerà alla storia con il nome di "Battaglia per Roma". I1 reparto, con sede a Spoleto ove ha completato il proprio ciclo addestrativo, conta su 1800 uomini di cui solo 1440(1) verranno effettivamente inviati a sud di Roma per essere impiegati nelle operazioni tese a ritardare l’avanzata alleata. I 3 Battaglioni, su cui il Reggimento si articola, sono comandati dal Maggiore Rizzatti (1° Btg. Folgore, in seguito il comando passerà al Cap. Sala), dal Cap. Recchia (2° Btg. Nembo) e dal Cap. Bussoli (3° Btg. Azzurro). Inoltre, il Battaglione conta su di una Compagnia Comando e su aliquote Trasmissioni, Sanità e Trasporti. Il Reggimento, non appena arrivato in linea, è impiegato in qualità di riserva del 1° Corpo Paracadutisti comandato dal Gen. Alfred Schlemm, venendo suddiviso in varie aliquote tattiche per intervenire laddove si presentassero situazioni difficili quali, per esempio, cedimenti della linea di combattimento. Gli elementi dei Battaglioni, a causa della fluidità del fronte e soprattutto dell’avanzata alleata progressivamente in atto, saranno impiegati in varie zone e cioè lungo la strada provinciale Nettunense, in prossimità di Pavona, Cecchina, Pomezia, nelle zone dell’Acquabona, Pian di Frasso e Campo Jemini. Il 30 maggio gli uomini del Reggimento, o forse è meglio chiamarli i ragazzi, vista la loro giovanissima età avranno i primi contatti con gli angloamericani che oramai, sfondato a Montecassino stanno dilagando verso Roma. Il reparto viene dispiegato su di un’area vastissima che va dal mare fino ai colli Albani per intervenire laddove ve ne fosse bisogno e coprire la ritirata agli alleati tedeschi. In particolare il 1° Battaglione del Magg. Rizzatti e il 2° Battaglione del Capitano Recchia vengono dispiegati tra la Laurentina e l’Ardeatina per coprire la ritirata della 4° Divisione paracadutisti al comando del Col. Trettner, mentre l’Azzurro, il 3° Battaglione, viene posizionato tra Pavona e Cecchina. Il 1° giugno nella zona di Ardea, Nettunense, Pratica di Mare i Paracadutisti si scontrano con le unità corazzate britanniche e, stante la evidente superiorità nemica ripiegano, nella giornata successiva, su Castel Porziano, Casale Capocotta e Acilia. Nel corso dei primi combattimenti, nella zona di Carroccetto, il Ten. De Santis ed i suoi uomini della 6ª Compagnia, riescono a prendere prigionieri i militari americani di un’intera compagnia del 157° Reggimento che, non appena si rendono conto di essere stati catturati da un reparto italiano, non riescono a crederci, non pensando che vi potessero ancora essere italiani in armi contro di loro. La 7ª compagnia del Battaglione Nembo il 3 giugno si sacrificherà, quasi al completo, nella zona del "Fosso dell’Acqua Bona". Alla Compagnia è stato dato ordine di riprendere una località abbandonata da un reparto tedesco la sera precedente. Tale obiettivo, posizionato in un posto sopraelevato, dovrà essere mantenuto fino alla serata. Che l’attacco dal basso verso l’alto presenti notevoli difficoltà è noto anche a chi sia completamente digiuno di cose militari, eppure i paracadutisti scattano come un sol uomo, effettuando l’ultima parte del combattimento, una volta arrivati in cima, all’arma bianca, in un furioso corpo a corpo. Tra i caduti vi sarà Ferdinando Camuncoli che giovanissimo darà la sua vita in difesa di Roma, guadagnando per la sua morte la Medaglia d’oro al valor militare alla memoria. I pochi superstiti della 7ª Cp. lasceranno la cima, duramente conquistata, e si dirigeranno su Pomezia solo in seguito al contrattacco del pomeriggio che sarà supportato da un nutrito fuoco di artiglieria. Nella stessa giornata gli uomini della 7ª saranno impegnati in combattimento, insieme a quelli dell’89° nelle zone di Zolforata, Poscarello e Fosso dell’Acqua Bona. I tre battaglioni del "Folgore", a partire dalla sera del 3 giugno, vengono designati a difendere, dall’avanzata delle Divisioni britanniche 1ª e 5ª, il tratto che va da Castel Porziano ad Acilia e da Castel di Decima a Malpasso. Il duro dei combattimenti inizierà però il giorno successivo, il 4 giugno, data in cui il reparto verrà impiegato, per circa otto giorni, come retroguardia ad Acilia, Infernetto, Castel Porziano, Castel Fusano, Castel di Decima e Malpasso, al fine di tentare di fermare, per quanto possibile, l’incontenibile avanzata angloamericana che viene supportata da un’incredibile quantità di mezzi terrestri ed aerei. I parà del Nembo, del Folgore e dell’Azzurro, insieme ai marò del Barbarigo (…) si schiereranno lungo la Nettunense, la Pontina, la Laurentina, l’Ardeatina e l’Ostiense a coprire la ritirata dei camerati tedeschi che, in seguito allo sfondamento della Gustav, hanno ricevuto ordine dal Maresciallo Kesserling di ritirarsi. In tale occasione, nella giornata del 4, vivrà momenti di gloria la 10ª Compagnia del Btg. Azzurro che nella zona di Acilia si scaglierà con inaudita veemenza all’attacco delle truppe avanzanti. Il comandante del reparto Ten. Ortelli, dato per morto, sarà recuperato dalla sanità americana ed avviato in campo di concentramento. Altri accaniti combattimenti saranno sostenuti nell’area di Castel Porziano e dell’Infernetto dai parà del 2° e 3° battaglione. A Castel di Decima i folgorini riusciranno addirittura a fermare i reparti della 5° Divisione di fanteria britannica che avanzano verso la capitale. E proprio a Castel di Decima, nella zona di Fosso Malpasso, che nel pomeriggio di domenica, 4 giugno, troverà la morte il maggiore Carlo Rizzatti. Rizzatti, al comando dei resti del battaglione Folgore, nel tentativo di fermare l’avanzata degli Sherman del 46° Royal Tank Regiment, si lancerà contro i bestioni d’acciaio sparando con il mitra e lanciando bombe a mano. Sarà falciato da una raffica di mitragliatrice sparata da un carro. Il suo gesto non è stato dettato dalla disperazione, ma dall’ardimento. Il generoso slancio dell’ufficiale paracadutista, ormai ultracinquantenne (è nato a Fiumicello – UD - il 30.01.1892) è scaturito dalla necessità di tentare di sbloccare, a vantaggio del proprio reparto, una situazione oramai resasi insostenibile e che vede pochi uomini affrontare i potentissimi corazzati americani. Per questo motivo l’anziano maggiore uscirà dalla grotta ove ha sistemato il suo comando e, insieme al suo portaordini, il diciottenne Massimo Rava si sacrificherà attaccando i mezzi cingolati nemici in un assalto disperato, ma non inutile, in quanto così facendo creerà un diversivo che darà una possibilità di salvezza ai suoi ragazzi. Rizzatti ha un figlio, Alessandro, effettivo del Btg. Nembo. La sorte ha voluto che lo incontrasse poco prima del suo nobile gesto, per scambiare un ultimo affettuoso abbraccio. All’anziano ufficiale sarà concessa la Medaglia d’oro alla memoria con la seguente motivazione: "Comandante del 1° Battaglione Paracadutisti, che dal giorno dell’armistizio aveva strappato al disonore e aveva guidato contro l’invasore in Sardegna(2) ed in Corsica; lo guidò ancora nell’eroica difesa di Roma, infondendogli il suo entusiasmo, la sua fede, il suo valore. Attaccate le sue posizioni da forti nuclei di carri armati e fanterie appoggiati da un intenso fuoco di artiglieria, dava l’ordine del contrassalto e con indomito coraggio si slanciava egli stesso fra i primi. Cadeva poco dopo colpito mortalmente. Il suo ultimo pensiero fu per la Patria e per il suo battaglione. Mirabile esempio delle più alte virtù militari e civili, che fanno di lui un purissimo eroe, degno continuatore dei primi difensori della repubblica Romana. Castel di Decima, 4 giugno 1944" Il coraggioso e furioso attacco di Rizzatti che uscirà da una grotta, ove ha sistemato il suo comando, come una belva rabbiosa, creerà un momento di incertezza tra i carristi nemici, i quali mai si sarebbero aspettati un attacco portato praticamente a mani nude contro i loro carri. In prossimità del luogo ove Mario Rizzatti lascerà la vita una lapide marmorea reca, a suo ricordo, la seguente iscrizione: "Pro itala gente contra hostes bellique desultores militum ductor bello strenuissimo ad Urbem defendendam Mario Rizzatti ".(3) L’assalto di Rizzatti darà la possibilità al Cap. Sala ed ai suoi circa 60 uomini, del nucleo di riserva tattica, di attaccare e bloccare la colonna corazzata. Sala, con inaudita prontezza d’animo, colpirà con un Panzerfaust prima il carro di testa e poi, riparandosi dietro un muretto a secco che costeggia la strada, risalirà tutta la colonna per andare a colpire il carro di coda, operazione che di fatto bloccherà il lungo serpente d’acciaio costituito dai carri che saranno poi attaccati ed incendiati dai paracadutisti. Il sacrificio di Rizzatti e l’azione di Sala ritarderanno di alcune ore l’avanzata nemica, oramai lanciatissima verso Roma. L’ultimo disperato ripiegamento dei folgorini che tenteranno di traghettare il Tevere per mettersi in salvo, sarà coperto da un’esigua squadra composta da una decina di elementi comandati dai Tenenti Caporiccio e Cundo che si apposterà al crocicchio della strada Spinaceto - Tor de' Cenci ed effettuerà il ripiegamento, verso l’Eur di Roma, solo dopo aver combattuto strenuamente. Il Folgore conterà, al termine dei combattimenti, 82 caduti e 148 feriti, mentre vi saranno 450 tra dispersi e prigionieri. Il labaro del 3° Btg. Azzurro verrà decorato con Medaglia d’argento al v.m., la bandiera del 1° Rgt. Folgore riceverà una Medaglia di bronzo al v.m., mentre i labari del 1° Btg. Folgore e del 2° Btg. Nembo verranno fregiati con una croce di guerra al v.m. Ai singoli paracadutisti saranno assegnate al valor militare 3 Medaglie d’oro (di cui una a vivente), 18 Medaglie d’argento, 44 Medaglie di bronzo e 54 croci di guerra, mentre le promozioni per merito di guerra ammonteranno a 20. Da fonte tedesca, arriveranno 1 croce di guerra di 1ª classe e 25 croci di 2ª classe.
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