Il
22 Marzo 1944 il I° Raggruppamento Motorizzato venne trasformato in Corpo
Italiano di Liberazione (C.I.L.), una denominazione che era ad un tempo
simbolo e sintesi della volontà italiana di battersi a fianco degli alleati
per la riconquista della libertà.
Il 1° giugno, rinforzato dalla Divisione Paracadutisti "Nembo" proveniente
dalla Sardegna, il C.I.L. si trasferiva nel settore adriatico alle
dipendenze del 5° Corpo d'Armata britannico, per partecipare all'avanzata
verso nord.
Il 17 dello stesso, ormai cadute in mano alleata le città di Chieti, Teramo
ed Ascoli Piceno, il C.I.L. passò alle dipendenze del Corpo d'Armata Polacco
del Gen. Anders con il compito di continuare a tallonare il nemico in
ritirata e di fornire protezione al fianco sinistro della suddetta Grande
Unità, che operava a cavaliere della statale adriatica n. 16.
Fu durante questo periodo di collaborazione con i polacchi che venne
effettuato dalla Divisione "Nembo" la conquista di Filottrano durante una
serie di sanguinosi scontri protrattisi dal 2 al 9 luglio contro
l'agguerrito 994° Reggimento di fanteria Tedesco rinforzato da carri armati.
Le gravi perdite subite da ambo le parti testimoniano l'asprezza di una
lotta senza quartiere.
Dopo Filottrano la marcia verso nord cominciò con maggior difficoltà per il
progressivo irrigidimento della resistenza germanica, punteggiata da
frequenti ed improvvise puntate offensive, intesa a procrastinare nella
maggiore misura possibile la presa di contatto alleata con la linea gotica
ancora in fase di completamento.
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In tale contesto operativo, durante la prima
quindicina di agosto, il C.I.L. si era arrestato ed aveva assunto un
atteggiamento difensivo sistemandosi sulla displuviale fra i fiumi Misa e
Cesano nel settore Castellone di Suasa - Corinaldo, sempre a protezione del
fianco sinistro polacco.
A quota 211, un sottotenente ventitreenne Paracadutista del 184° Reggimento
"Nembo" aveva organizzato un centro di resistenza con il proprio plotone
mitraglieri. Si trattava di un Ufficiale esperto che aveva partecipato alla
"risalita" verso nord, impegnato sovente in combattimento, sostenuto dalla
tenacia, dallo spirito di sacrificio, dall'entusiasmo, dal severo
addestramento ricevuto nell'ambito della specialità paracadutisti.
Si chiamava Giuseppe Martinelli.
Il 15 giugno 1944 affrontò insieme ai propri uomini l'ennesima dura ed anche
ultima prova della sua vita.
Durante un fulmineo contrattacco tedesco, una ben centrata salva di mortai
fece scempio del piccolo presidio italiano.
Nonostante le gravissime ferite riportate, Martinelli pretese di essere
soccorso per ultimo e solo dopo che l'ultimo dei suoi paracadutisti ferito
fosse stato sgomberato a tergo. Ricoverato all'ospedale di Iesi cessava di
vivere dopo aver subito dolorose amputazioni.Per un maligno scherzo del
destino lasciava questa vita terrena alla vigilia di un meritato riposo,
dopo circa 90 giorni di intensa attività operativa. Infatti, il 30 agosto,
il C.I.L. veniva ritirato dal fronte e inviato nelle retrovie, a Piedimonte
d'Alife, per il riordinamento.
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Giuseppe Martinelli, che a sua insaputa era già stato
promosso tenente da qualche mese, aveva vissuto l'epopea del C.I.L. fino
dalla sua costituzione, con la "Nembo" aveva percorso centinaia di
chilometri, combattendo contro le retroguardie germaniche con armamento ed
equipaggiamento italiani, in nette condizioni di inferiorità.
Grazie alla sua instancabile azione di comando aveva saputo temprare il
proprio plotone ai più duri cimenti, a superare le difficoltà di ogni
genere, a fargli raggiungere una elevatezza spirituale di tutto rispetto in
campo militare.
Purtroppo, nessun riconoscimento ufficiale ha onorato la figura di questo
eroe.
In campo civile, l'Ateneo fiorentino gli ha concesso la laurea "honoris
causa" in Economia e Commercio, mentre il Comune di Lucca lo ha ricordato
qualche anno fa con una pergamena consegnata alla famiglia e l'ANPDI
lucchese con un apposito sito su internet. Giuseppe Martinelli è l'emblema
di tutti quei cittadini italiani che in un momento particolarmente tragico
della nostra Storia fornirono, unitamente ai partigiani ed agli internati
nei lager, un generoso contributo di sangue e sacrifici per il riscatto
della Patria. Sono trascorsi oltre 60 anni dalla scomparsa.
E' auspicabile che una via di Lucca, sua città natale, gli venga finalmente
intitolata.
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