|  |  | “ Lettera al Presidente” Presentiamo ora all’attenzione ed alla riflessione di 
ciascuno, una lettera scritta dalla Signora Carla Costagli dalla quale con 
pregevole spontaneità, sincera partecipazione, umana commozione, emergono i 
ricordi personali di tutta una vita trascorsa all’ombra della Bandiera del 
Nembo. Grazie di cuore Carla, da parte di tutti noi. Caro Presidente, cari lettori,sono la moglie di un militare che ha servito la bandiera del Nembo per 
diciassette anni consecutivi— dal 1970 al 1987— e vorrei con questo scritto 
parlare di come io, donna, abbia vissuto l’esperienza di una vita in mezzo ad 
altre come me ed ai loro “uomini in armi”. Ricordo ancora nettamente quel giorno 
a Torino, dove vivevo e lavoravo, in cui l’allora mio fidanzato mi comunicò che 
la sede destinatagli non era (come desideravamo entrambi) Torino ma, 
purtroppo, Gradisca d’Isonzo in provincia di Gorizia al Reggimento NEMBO. 
Compresi subito che quel purtroppo era indirizzato a me, per alleviare la 
mia delusione, ma che in realtà era orgoglioso dell’assegnazione! Da brava 
maestrina tracciai mentalmente una linea che da Torino arrivava a Gorizia: 
praticamente dall’altra parte dell’Italia settentrionale; mi consolai anche 
subito perché né i seicento chilometri di lontananza, né questo fantomatico 
Nembo avrebbero scalfito la nostra unione. Giovani, con tanti progetti ed 
innamorati, programmammo subito il nostro futuro e così mentre Lui partiva per 
raggiungere la sua meta, io rimasi per concludere il periodo di lavoro (ero 
impiegata a tempo determinato), preparare il trasloco dei pochi mobili ed 
iniziare finalmente la nuova avventura. Che emozione quando, qualche mese dopo, 
arrivai alla stazione di Cervignano e trovai ad attendermi il mio Tenentino e 
che sensazione piacevole attraversare in macchina quei paesi così puliti, così 
tranquilli , arrivare all’ albergo di Gradisca dove avrei dovuto rimanere in 
attesa di trovare un appartamentino tutto per noi!  Giunse anche il giorno 
in cui entrai per la prima volta nella Caserma Ugo Polonio e l’inevitabile 
ostilità che avevo provato fino ad allora per tutto quello che riguardava il 
Nembo , scomparve alla vista di quei vialetti così ben tenuti, di quel verde 
così curato, di quei bassi edifici e soprattutto di quel magnifico circolo 
ufficiali. Stanze variamente arredate, saloni enormi, un caminetto che faceva 
pensare a piacevoli conversazioni, un tavolo immenso e maestoso , vetrinette 
antiche colme di argenti pregiati, lampadari dalle mille luci: da rimanere 
abbagliati! Ma l’ultima mia resistenza cadde quando cominciai ad essere 
presentata alle persone presenti, così naturali, senza ostentazione di gradi e 
così pronte a farmi sentire a mio agio , a farmi sentire “a casa”. La giornata 
militare era riservata ai militari, ma le loro poche ore di libertà ( i 
pomeriggi di qualche sabato e delle domeniche) ci si ritrovava per il piacere di 
stare insieme, per chiacchierare, per fare festa. Qualche sera si cenava al 
circolo con le pietanze che ognuna di noi preparava a casa , altre volte si 
andava in una trattoria del Carso dove il proprietario riservava per noi tutta 
una stanza in cui i bambini potevano muoversi in libertà senza disturbare gli 
altri avventori; e poi c’erano le Feste di Corpo con la cerimonia militare al 
mattino (che trepidazione ogni volta nel vedere gli M113 sfilare, le squadre di 
militari che eseguivano saggi ginnici e sfidavano il fuoco, l’assalto al 
fortino…...) e la serata di gala allietata da musica e danza ed i bambini 
piccoli a dormire in una stanza preparata appositamente per loro. I primi anni 
ho praticamente vissuto cercando di regolare le mie giornate (e le notti) agli 
impegni del battaglione: i picchetti , i campi estivi ed invernali che duravano 
una quarantina di giorni, le esercitazioni varie e, in anni successivi, anche 
gli impegni di ordine pubblico in Sicilia, in Calabria……… e le partenze erano 
senza dubbio tristi, i ritorni erano un momento magico: ci si ritrovava (mogli e 
bambini) ad attendere i nostri “guerrieri” all’aeroporto, alla stazione, 
all’ingresso della Caserma per vederli arrivare e riportarli a casa, magari 
davanti ad un pranzetto preparato esclusivamente per loro.
 Naturalmente non sempre era tutto così gioioso; ci sono stati 
- come in tutte le famiglie - screzi e malumori, divergenze di opinioni e 
contrasti, ma quando c’era da difendere il buon nome del battaglione erano tutti 
in completo accordo fra di loro; era come se si ergesse un muro a protezione 
totale del Nembo e dei suoi Uomini: proprio come il famoso tutti per uno e uno 
per tutti  Ci sono stati anche momenti tragici, come il terremoto che 
scosse il Friuli nel 1976 e che ci dimostrò come è fragile la vita umana. 
Pensando a quei giorni lontani, mi sento ancora pervadere dall’angoscia all’idea 
di quei paesi distrutti, di quelle persone morte e di quelle rimaste senza casa 
e senza le più elementari necessità: acqua, cibo, vestiario. Mentre i nostri 
uomini partivano per aiutare le popolazioni costruendo prefabbricati, allestendo 
cucine da campo, aiutando i soccorritori a rimuovere le macerie in cerca di 
sopravvissuti, l’allora Comandante permise a noi familiari di utilizzare alcuni 
vialetti della Caserma per parcheggiare le nostre automobili diventate per 
l’occasione l’unico mezzo per poter dormire la notte più tranquilli, lontani 
dalle nostre case scosse dai movimenti tellurici. Ma la vita continua…….ed 
arrivò il giorno in cui salutammo il Nembo perché mio marito era stato designato 
al comando di un altro Battaglione. Abbracci, baci, discorsi; vollero che 
anch’io dicessi qualcosa e, vinta l’emozione, espressi proprio quello che 
sentivo nel cuore : “ sono stata, sono e rimarrò una Signora del Nembo”. Gli 
anni trascorsi in quel contesto sono stati per me, oltre che per mio marito, 
molto importanti e l’esperienza acquisita mi ha permesso di affrontare molti 
ostacoli solamente pensando a cosa avrei fatto se fossi stata al Nembo. Questi 
sono i motivi che mi hanno spinto a scrivere e ringrazio il Presidente 
dell’Associazione Nembo, Pieralberto Pagoni; ma soprattutto, proprio io come 
donna e moglie di un militare, ringrazio Lui ed i suoi Consiglieri per l’impegno 
e la disponibilità dimostrata a continuare nel ricordo degli anni passati per 
far rivivere quel calore umano, quell’abnegazione, quel senso di Amore Patrio 
che molte volte ci dimentichiamo di avere. Quando ci ritroviamo per la Festa di 
Corpo, per gli auguri di Pasqua e Natale, mi commuovo nel vedere quanti, da 
città e lontananze diverse, ritornano a Cervignano per onorare quella che è 
stata la loro Bandiera : sono momenti magici, di commozione e di allegria per 
essere ancora una volta insieme. Mi rammarico, altresì, per tutti coloro che, 
per vari motivi , non intervengono perché non sanno di perdere qualcosa che vale 
molto più di un piccolo sacrificio: quel calore umano che attraverso le 
difficoltà della vita accomuna quanti hanno avuto l’onore di gridare ciò che i 
bambini del battaglione imparavano, dopo mamma e papà: ORA E SEMPRE…. NEMBO !!!!!
 Grazie.
 
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